Veronesi: 'Sì alla pillola abortiva''E' assurdo non concedere alle donne un'alternativa meno traumatica all'intervento chirugico', sostiene il ministro della Sanità. Che ricorda come già sei ospedali italiani ne abbiano chiesto la sperimentazione. MILANO - "Sì alla pillola abortiva": a pochi giorni dalla fine del suo incarico come ministro della Sanità del governo Amato, prossimo alla sostituzione con l'esecutivo della Casa delle libertà, Umberto Veronesi non rinuncia a dire la sua sui temi più scottanti della medicina. Dopo la cura farmacologica per i pedofili e la recente difesa della legge 194 sull'aborto, questa volta è la Ru 486, la pillola che permette l'aborto "chimico" poco dopo il primo mese di gravidanza, l'oggetto delle sue "esternazioni" e della sua difesa di medico. Veronesi, in un'intervista al Corriere della Sera , ne propone l'introduzione in via sperimentale nei servizi per le Ivg (Interruzioni volontarie di gravidanza). "E' assurdo - sostiene -che non venga offerta alle donne come alternativa meno traumatica alla tecnica chirugica, l'unica per ora disponibile". Già sei ospedali italiani hanno fatto del resto già richiesta in tal senso e, in particolare, il Sant'Anna di Torino sembra vicino a ottenere l'autorizzazione. "Sono favorevole, anche se la decisione non spetta a me - conclude Veronesi - Non è vero che il numero di aborti aumenterà. Il fenomeno, se il farmaco potrà essere prescritto anche al di fuori degli ospedali, diventa forse meno controllabile, ma anche ora chi vuole interrompere la gravidanza può farlo sfuggendo alle procedure". Che il numero degli aborti possa aumentare però, è proprio la preoccupazione dei medici collegati alla Chiesa. Domenico di Virgilio, presidente dell'associazione medici cattolici e già componente della speciale commissione di saggi sulla clonazione, insorge: "Così vanifichiamo i tentativi di diminuire le interruzioni di gravidanza". I ginecologi che lavorano nei consultori però, quelli insomma che più da vicino affrontano quotidianamente il problema, si dicono d'accordo con il ministro. "Noi siamo per la prevenzione - speiga il presidente dell'A.Gi.Co (associazione ginecologi consulturali) Luigi Cersosimo - ma se la donna vuole abortire la pillola Ru486 deve essere somministrata dai ginecologi dei consultori prima ancora che dagli ospedali. Di fatto, proprio gli ospedali, sembrano invece i primi a muoversi. Dal Sant'Anna di Torino, dove per prima era partita una richiesta per poter utilizzare l'ormai famigerata Ru, il ginecologo Silvio Viale parte all'attacco: "Oggi il ministro ha fornito un autorevole avallo all'iniziativa del sottoscritto per l'attuazione della legge 194, che all'articolo 15 prevede l'aggiornamento del personale sanitario sull'uso delle tecniche più moderne e meno rischiose per l'interruzione di gravidanza". L'aborto farmacologico - prosegue Viale - rappresenta un intervento meno traumatico e rischioso e finalmente deve essere messo a disposizione di tutte le donne italiane". Il problema però, oltre che sociale, resta politico: in Italia i gruppi di rpessione anti-aborto, spesso collegati dalla matrice cattolica, restano forti. E la richiesta di rivedere la 194 partita dalla conferenza episcopale italiana e rivolta al "futuro" governo Berlusconi prima ancora che nascesse, la dice lunga sull'argomento. (28 MAGGIO 2001, ORE 07:50 ultimo aggiornamento ore 16.23) |