Fazio e l' addio alla RAI"Fiero di 'Quelli che il calcio' che ha reso surreale lo sport" Il bilancio di otto anni: "Con la Rai divorzio consensuale ma non volevo fare la tv del riempitivo" ROMA - "Come saluterò gli spettatori? Con un grazie vero a un pubblico da cui mi vanto, immodestamente, di aver sempre ricevuto stima. Un valore più importante della quantità. Ma che se si accoppia anche alla quantità, come in questo caso, diventa perfetto". Poche parole, ma con un filo di emozione, quelle annunciate da Fabio Fazio, per il grande addio di domani: l'ultima puntata di "Quelli che il calcio", dopo otto anni di programmazione. Un momento cruciale per il conduttore, che lascia le sponde sicure della Rai per approdare a quelle ancora pioneristiche di La7. Forte di un contratto strepitoso, 21 miliardi in tre anni, e di un progetto per un talk show in seconda serata. Allora, Fazio, qual è il suo stato d'animo? "Un po' di malinconia c'è, evidentemente. E' una situazione complessa, otto anni sono tanti. In questa redazione sono nati amori, figli. E poi 'Quelli che il calcio' è il programma che mi ha dato la popolarità, che ha cambiato la mia vita, che mi ha fatto diventare forte. E che dunque mi ha dato la possibilità di fare cose come Sanremo e 'Anima mia'". Quale "lezione" le ha insegnato, la sua lunga avventura della domenica pomeriggio? "Una grande lezione: che nei momenti cruciali, alla Rai si impara qualcosa. Persone come Bruno Voglino mi hanno insegnato che bisogna essere onesti col pubblico, non occupare un certo spazio se hai un'inquietudine, la voglia di fare dell'altro. Qualcuno parlando di me l'ha definita un capriccio, ma è gente che non ha conoscenza di questo mestiere: perché altrimenti saprebbero che quell'inquietudine va ascoltata. Ho sentito che la parabola di 'Quelli che il calcio' era chiusa". Ma il bilancio è positivo? "Certo, siamo passati dal 9 al 30 per cento medio di share, quest'anno abbiamo avuto la concorrenza dei personaggi del Grande fratello a 'Buona domenica', i gol in diretta su Tele+, ma ci è andata bene lo stesso". Il segreto di questo succeso? "In un mondo di personaggi veri che sembrano finti, abbiamo creato personaggi finti che sembrano veri, come quelli di Teocoli, Littizzetto, Iacchetti". Un divorzio amichevole, quello da mamma Rai? "L'azienda mi ha trattato con riguardo, offrendomi la conduzione di 'Fantastico' e 'Domenica in', ma a me non interessava. Io non la so fare la tv del riempitivo, il rischio è diventare uno che vive per il Telegatto. Dall'altra parte invece è arrivata un'offerta clamorosa, e non solo dal punto di vista finanziario: mi hanno chiesto di andare e di costruire, con altre tre persone, una televisione che sta nascendo". Con quali obiettivi? "Partiamo da uno share del 2 per cento, lo scopo è arrivare al 5 per cento in tre anni. Io credo che ci sia una quota di pubblico non soddisfatto della tv generalista, e che forse può essere catturato. Per quanto mi riguarda al talk-show inviterò amici come Luciana e Teo (Littizzetto e Teocoli, ndr), ma cercherò soprattutto persone e volti nuovi". Torniamo a 'Quelli che il calcio': sfogliando l'album dei ricordi, cosa la rende più orgoglioso? "Non so dirlo, anche perché io sono uno che non ha mai rivisto un minuto della sue trasmissioni. Ma l'aver usato un linguaggio surreale, applicato allo sport, è stata una novità importante". Un'ultima notazione: domani chiuderete in bellezza, visto che lo scudetto è ancora da assegnare... "Già, è proprio vero: saremo seguitissimi, come già la scorsa settimana. Siamo stati fortunati". |