Prima notte di nozze in carcereLo hanno arrestato mentre si apprestava a "consumare" il proprio matrimonio, ma si trattava solo di un caso di omonimia. Tragico errore, per i militari dell'Arma. CASERTA - Giovanni Parisi un matrimonio così “movimentato” proprio non se l’aspettava. Ma la sorpresa maggiore è stata per la giovane moglie quando, dopo che erano andati via tutti gli invitati, alla porta dell’albergo dove si erano ritirati per “consumare” le nozze, hanno sentito bussare in maniera decisa. Non erano altri invitati che volevano fare gli auguri ai novelli sposi, ma carabinieri in uniforme. Erano venuti ad arrestare il marito. A nulla sono valse le spiegazioni che i due hanno cercato di fornire e non è valsa nemmeno la situazione davvero singolare in cui si trovavano i due giovani sposi. Così Giovanni Parisi è stato portato in carcere dove ha passato la prima notte di nozze, ovviamente senza la moglie che, piangendo, è ritornata a casa dai genitori. Ieri però il gip l’ha scarcerato dopo aver capito che le forze dell’ordine erano incappate in un clamoroso caso di omonimia. Infatti il Giovanni Parisi che cercavano i seicento uomini tra polizia e carabinieri entrati in azione l’altra notte al Parco Verde di Caivano, sarebbe un altro. Un caso di omonimia che è stato fatale, almeno per una notte, per Giovanni Parisi, forse la più importante notte della sua vita. L’equivoco sarebbe stato chiarito ieri mattina nel carcere di Poggioreale davanti al gip Pierluigi Di Stefano: le forze dell’ordine, nel corso del maxi blitz antidroga portato a termine l’altra notte a Caivano, hanno bussato alla porta di casa Parisi senza ricevere risposta. Allora un funzionario zelante, consultato un suo informatore, ha pensato bene di recarsi nell’albergo dove lo sposo aveva festeggiato il suo matrimonio e si era trattenuto per la notte di nozze, incappando nel clamoroso errore. Il Blitz firmato dalla squadra mobile di Giuseppe Fiore e dalla compagnia di carabinieri di Casoria del capitano Antonello Neosi, ha mobilitato cinquecento uomini per accerchiare il famigerato parco Verde di Caivano. E ora è un parco “ripulito” con 63 arresti (12 le donne). Qui c’è un esercito di dipendenti dei clan a cui dovevano pagare una tangente dai 30 ai 40 milioni al mese per spacciare droga. Una specie di «autorizzazione alla vendita». A ricostruire le vicende del Parco Verde, alcuni collaboratori di giustizia che hanno raccontato tutto ai pm della Dda Marino. Policastro, D'Avino e D'Amato. Qui si vendeva droga di ogni tipo: dalla cocaina al kobrett, sotto l’occhio vigile di vedette stipendiate e organizzate per turni di ventiquattro ore, e dove anche i bambini venivano coinvolti per le piccole commissioni dello spaccio. |