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Tutte le donne di Bertolucci


Giuseppe Bertolucci prosegue nella sua esplorazione dell'universo femminile con il film L'amore probabilmente, in concorso a Venezia. L'intervista de ilNuovo.it

PARMA - La crescita sentimentale e la formazione professionale di una giovane attrice. Le ansie, lo smarrimento, i dubbi di una ragazza figlia di una generazione confusa. Queste le linee conduttrici del nuovo film di Giuseppe Bertolucci, L'amore probabilmente, in concorso a Venezia, atteso dagli addetti ai lavori perché Bertolucci è un regista che attira gli spettatori e dagli appassionati che amano le sue storie delicate.

Lui, dopo Il dolce rumore della vita, con una splendida Francesca Neri, sceglie di proseguire nella scoperta della diversità femminile attraverso una sottile costruzione poetica e psicologica. Sofia (Sonia Bergamasco) oscilla, nella vita come sul lavoro, tra finzione e autenticità nella ricerca tormentata di un amore che sembra sfuggirle continuamente. Il viaggio alla scoperta della sfera affettiva attraverserà tre fasi: la menzogna, la verità e l’illusione, che sono anche tre approcci diversi scelti da un attore per calarsi in un personaggio, ossia mentire, essere se stesso oppure dare illusioni. E queste tre opzioni vengono offerte alla giovane da tre muse incarnate rispettivamente da Mariangela Melato, Stefania Sandrelli e Alida Valli.

L'intervista
“Nella vita tutto torna o tutto parte”. Scherza Giuseppe Bertolucci, dal Teatro Regio di Parma dove venerdì 20 si è tenuta la prima della “sua” Traviata: “sua” perché la regia porta la sua firma. Il maestro ha la voce rauca e proprio questo è motivo di ilarità. “Ho un’infiammazione alla tonsille – rivela Bertolucci – chissà, forse per simpatia nei confronti di Violetta. Spero solo di non fare la fine di Violetta”.
Ma i parallelismi, se di questo si può parlare, non finiscono qui. La Traviata è l’opera dove Verdi scandaglia le passioni e l’universo femminile. Ma così è pure nel nuovo film.

"E’ un titolo sufficientemente generico – precisa Bertolucci – per poter abbracciare anche la vicenda di Violetta. Il film racconta la formazione artistica di una giovane attrice. Questo percorso esistenziale è suddiviso in tre capitoli: menzogna, verità e illusione, ossia i ferri del mestiere d’attore. La menzogna, perché l’attore deve diventare un altro, la verità, perché l’attore rimane sempre se stesso, e l’illusione che Alida Valli sintetizza con la battuta ‘quando menti devono credere che stai dicendo la verità e quando dici la verità devono credere che stai mentendo’”.

Ecco spiegata la parentela, profonda, tra la Traviata e Amore probabilmente. “Violetta è un’eroina interessante la cui cifra è la doppiezza - commenta il regista - Fin dall’inizio dell’opera è dibattuta tra l’amore e il piacere mondano. Nel finale, poi, sarà dibattuta tra l’amore e la morte".
La protagonista di Amore probabilmente è un’attrice giovane alle sue prime esperienze cinematografiche: “Si chiama Sonia Bergamasco. Viene dal Conservatorio e dal teatro di Carmelo Bene. E’ un fiore teatrale. Assieme a lei ci sarà Rosita Celentano, che ha già lavorato assieme a me nel Dolce rumore della vita. Poi, Fabrizio Gifuni e Teco Celio, un attore svizzero da me scoperto. Inoltre, ci saranno le tre muse, una per ciascuno dei tre capitoli: Mariangela, Stefania e la grande Alida Valli, madre di tutte le attrici”.

Ma non è finita coi parallelismi. Come Bertolucci debutta a Parma nella lirica così il maestro sarà per la prima volta in concorso alla Mostra del cinema di Venezia: “Non so ancora in quale sezione sarà proiettato il mio film. Ad ogni modo, anche la sezione Cinema del Presente avrà un suo Leone”. E dopo Parma e Venezia, cosa c’è nell’agenda di Bertolucci? “Tanti sogni cinematografici e non - spiega il maestro - dalla regia del Don Giovanni di Mozart a un film con al centro una figura femminile, come sempre”. Il “come sempre” stuzzica la nostra curiosità. Perché infatti Bertolucci s’imbatte sempre in ruoli femminili? “Quando ho iniziato a lavorare, l’universo femminile era un mondo più interessante di quello maschile, perché dinamico e in piena trasformazione. C’è da dire, inoltre, che nel panorama artistico italiano ho trovato più attrici interessanti che attori, da Mariangela Melato a Laura Morante, Lina Sastri e Sabina Guzzanti. Poi, non dimentichiamoci che quando si è bambini, sono le donne che ci raccontano le favole. Per questo mi piace che siano le donne a raccontare le storie che scrivo. In fondo, anche fare la regia di un’opera è come raccontare una favola per l’ennesima volta. La storia è sempre la stessa, cambiano però le voci e l’intonazione”.