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Ragazzo ucciso: si cerca il terzo uomo


Un amante, secondo le dicerie del Paese. Un terzo uomo presente sulla scena del delitto, non si sbilancia la procura. Di fatto, sta nel complice la chiave dell'omicidio di Modena.

MODENA - E adesso, dopo che la procura di Modena ha formalizzato l'accusa contro Paola Mantovani, imputandola dell'omicidio premeditato del figlio quattordicenne. Ora, dopo che i magistrati hanno smantellato punto per punto la "falsa" versione della rapina ad opera di albanesi. Adesso, si cerca il "terzo uomo": l'amante, dicono in molti, l'estraneo che ha lasciato poche pochissime tracce del poprio Dna di fianco alle tante della madre, sul nastro adesivo che ha impedito al piccolo Matteo di urlare, la notte dell'orrore, sul sacchetto di plastica che gli ha impedito di respirare, sulla cintura che lo ha legato impedendogli di muoversi.
Poche tracce, ma sufficienti per dire che c'era. Che un altro uomo, che non è il marito, sconvolto e "tradito" due volte, di Paola Mantovani, quella sera era nella villetta dove si è consumato il delitto.
"Vai a prendere il gelato" gli aveva detto la moglie quella sera, al ritorno dal lavoro. Lui era uscito, ed era tornato poco dopo. Per i magistrati aveva un alibi inattaccabile. Il gelataio aveva confermato orario ed acquisto. Lui, sulla scena del delitto non c'era. Lei invece, aveva raccontato di essere stata aggredita da due rapinatori, che avevano eseguito a freddo un omicidio inspiegabile, quello di un ragazzino autistico, incapace di difendersi, e certamente impossibile da considerare un pericolo per due presunti spietati rapinatori di ville "albanesi".

La procura ci aveva messo poco a girare i sospetti su di lei, su quella madre rimasta sola in casa con il figlio mentre si consumava la tragedia.
E ora, ora che le prove di laboratorio dicono senza dubbi che con lei c'era qualcun altro, un uomo, ora le fila di questa storia sembrano tirarsi senza più il disordine iniziale. Sembrano comporre una trama orribile e, allo stesso tempo, ben ordinata. L'altro, secondo le chiacchiere del Paese, che anche gli investigatori avevano raccolto durante le indagini, l'altro sarebbe l'amante della signora.

A Soliera di Modena, la voce, sembra giri da parecchio. Roberto Nadalini, il marito, sembra scoprirlo solo ora. Dicerie, certo.

Dicerie che tali sono restate fino alla scoperta di quelle "tracce organiche" che inchiodano Paola Mantovani, obbligandola a speigare perchè c'è il suo sudore sul nastro adesivo, sui legacci, sul sacco che ha soffocato suo figlio, e che tali, ovviamente, restano fino a che un processo non avrà dimostrato il contrario. Dicerie però, che ora, sembrano comporre un mosaico quanto mai logico. Lei, lui, l'altro, e quel figlio, così ingombrante, nella sua malattia, e difficile da gestire.

La chiave, ovviamente, per la procura resta la ricerca del terzo uomo. Magistrati e inquirenti restano al lavoro su questo fronte. Paola Mantovani, entrata in carcere ieri, verrà interrogata fino a che non avrà dato una spiegazione per quelle impronte. Una speigazione che forse, ora, Roberto Nadalini, non vuole più sentire.