Una perizia psichiatrica per la mamma di SamueleA confermare la richiesta è il procuratore capo di Aosta. Il gip respinge la richiesta di scarcerazione. La difesa contro gli esami del Ris. Cogne insorge contro le accuse della donna ai vicini. TORINO - La Procura di Aosta vuole sottoporre Anna Maria Franzoni a una perizia psichiatrica e la conferma arriva dal procuratore capo di Aosta Maria Del Savio Bonaudo che, lasciando oggi il suo ufficio, ha precisato come la richiesta verrà effettuata al più presto: "Chiederemo la perizia psichiatrica di Anna Maria Franzoni al più presto''. I pm infatti stanno predisponendo gli atti per la richiesta della perizia come incidente probatorio. Per un'inchiesta che appare comunque ancora molto lunga. ''Abbiamo ancora tanto, tanto lavoro da fare'', hanno spiegato infatti il sostituto procuratore Stefania Cugge e il procuratore capo Maria Del Savio Bonaudo. La mamma di Samuele intanto resta in carcere. A deciderlo è stato il gip Fabrizio Gandini, che ha respinto la richiesta di revoca del provvedimento di custodia cautelare presentata dalla difesa della donna spiegando così la sua decisione: ''Le motivazioni sono sostanzialmente quelle per le quali ho disposto la custodia cautelare''. In relazione ai contenuti della sua ordinanza di custodia cautelare, Gandini ha ribadito: ''Non posso commentare le mie ordinanze. Sarà impugnata come è giusto che sia e quindi non voglio influenzare il lavoro di altri''. Il gip ha poi precisato che il suo confronto di due giorni fa con la mamma di Samuele, più che un interrogatorio, è stato un colloquio: ''Gli interrogatori spettano ai pm, il gip non ha alcun potere di interrogatorio''. Infine, ha ribadito che quello di Cogne ''è un processo fortemente condizionato dall' attenta opera dei media che hanno proposto in diretta le indagini preliminari; fino all' ordinanza di custodia cautelare che per fortuna è stata eseguita con qualche tranquillita'''. I pm attenderanno comunque l'eventuale decisione del tribunale del Riesame (nel caso in cui, come appare probabile, la difesa presenti un ulteriore ricorso contro l'arresto) prima di chiedere la perizia psichiatrica. Il gip Gandini, per l'"incidente probatorio" (una prova irripetibile che entra nel fascicolo processuale), dovrà nominare un perito come consulente tecnico del tribunale che potrà essere affiancato dai consulenti dei pm e della difesa. Dal momento in cui verrà formalmente richiesta la perizia, passeranno dai 7 ai 10 giorni, il tempo tecnico necessario per l'esame su Anna Maria Franzoni. "L'interrogatorio di ieri di Anna Maria Franzoni è stato utile e interessante e ora andiamo avanti'' ha spiegato intanto il pm Stefania Cugge, rompendo per la prima volta dopo 40 giorni la consegna del silenzio. ''Al momento non posso fare previsioni - ha proseguito il magistrato - circa eventuali nuovi interrogatori alla mamma di Samuele. Anche su eventuali confronti decideremo in questi giorni''. I vicini: ci accusa per depistare. A Cogne esplode intanto la polemica per le accuse di Anna Maria Franzoni ai vicini. La famiglia Perratone ha nominaro un legale e si dice pronta a querelare la donna. Anche il sindaco di Cogne si schiera al loro fianco. "La mama di Samuele - chiede - la smetta di accusare i vicini". Ma nell'interrogatorio di ieri, in realtà, Anna Maria Franzoni non ha parlato nuovamente dei suoi sospetti sul possibile assassino del piccolo Samuele. Nè ha fatto alcun riferimento ai coniugi Perratone. A escludere ''categoricamente'' la circostanza è l'avvocato Carlo Federico Grosso. Una cella singola per Anna Maria. La mamma di Samuele rimane detenuta detenuta in una cella singola. La direzione del penitenziario intende infatti mantenere per ragioni di sicurezza la misura che era stata disposta inizialmente dall'autorità giudiziaria. Anche se nessuna detenuta ha protestato formalmente per la sua presenza, si temono manifestazioni di intolleranza da parte delle altre detenute, visto il tipo di reato contestato alla donna. La donna del resto in carcere tende già a stare per conto suo. Mostra un carattere riservato e quando non è sottoposta agli interrogatori da parte degli inquirenti preferisce rimanere sola, in cella, a leggere anche le moltissime lettere che continua a ricevere dall'esterno. La difesa contesta le prove. E c'è anche un'altra "battaglia" che si combatte a distanza. E' quella tra il Ris e i periti di parte che propongono le loro opposte versioni sul momento dell'omicidio.Sarebbero state infatti le numerose macchioline di sangue trovate sulla giubba e sui pantaloni del pigiama azzurro di Anna Maria a far propendere definitivamente gli inquirenti verso la colpevolezza della mamma di Samuele. Ma quel pigiama dove era al momento del delitto? Addosso ad Anna Maria, come sostengono i pm (e come nella sua ordinanza dimostra di credere anche il gip) o buttato sul letto accanto al bambino, come ripete con forza la difesa? Uno dei punti fondamentali del giallo di Cogne sembra stia proprio lì. "Già prima di conoscere i risultati del Ris c'eravamo fatti l'idea che il pigiama non fosse indossato, ma appoggiato disordinatamente sul letto". Comincia con queste parole la contro-perizia depositata dall'avvocato Carlo Federico Grosso e firmata anche dai due consulenti di parte Torre e Rubino. Le argomentazioni della difesa sono categoriche: è vero, il pigiama è stato rinvenuto tra le lenzuola e il materasso, ma è stato proprio il gip nella sua ordinanza ad affermare che l'arrivo dei soccorritori ha provocato mutamenti irriversibili della scena del delitto. "Quindi - spiega la difesa - è presumibile pensare che qualcuno forse spostando il bambino abbia spostato anche il pigiama che si trovava sul letto". La forma delle macchie è l'altro punto di scontro. Secondo il Ris la configurazione oblunga a tonda delle tracce rilevate sull'indumento è un chiaro indizio del fatto che al momento in cui si è sporcata la giubba era in posizione eretta, cioè indossata. Di parere opposto i periti di parte: "Il pigiama si trovava sulla sinistra del bambino ed era adagiato in maniera disordinata. L'alternanza di tracce di forme diversa dimostra che il sangue si è depositato tra le pieghe della stoffa. Le macchie sono depositate soltanto su una parte, quella più prossima alla vittima. Non c'è alcun segno di 'ditate' per accidentale contatto. Ma soprattutto sul polsino è stato ritrovato un frammento osseo. Se fosse stato indossato quel frammento sarebbe caduto a terra". |