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Numero 1233° sabato 23 novembre 2024

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THE IRON MAIDEN


The legend will never die

THE IRON MAIDEN


The legend will never die

THE IRON MAIDEN

 


Un gruppo ormai divenuto leggenda

Quando si parla di heavy metal , il pensiero non può non cadere sugli Iron Maiden che ne rappresentano la storia a tutti gli effetti. Già dal loro primo disco se ne comprendeva la grandezza ,e soprattutto la vena assolutamente innovativa che ne caratterizzava le sonorità.Pezzi come "PROWLER" ma soprattutto "PHANTOM OF THE OPERA" hanno avuto il merito di rompere con il vecchio metal rappresentato da LED ZEPPELIN e BLACK SABBATH e rilanciare il genere messo in crisi dal Punk allora emergente. Gli album seguenti hanno significato la definitiva consacrazione di un gruppo dotato non solo di un grande carisma , ma anche di una buona dose di ironia ,che sicuramente ha alimentato il notevole successo tra i fans. Ma la storia degli Iron Maiden è anche caratterizzata da episodi amari come l'allontanamento del loro primo cantante , Paul di Anno perchè considerato da Harris poco professionale (cosa che poteva mettere in seria crisi il cammino del gruppo). Fortunatamente il cantante successivo ,tale ,Bruce Dickinson, con la sua straordinaria voce , porterà gli Irons alla consacrazione definitiva.Pezzi come "THE NUMBER OF THE BEAST" ,"RUN TO THE HILLS" rimarranno nella storia della musica come del resto la magnifica "THE TROOPER" che diventerà un vero e proprio inno generazionale soprattutto tra i giovani inglesi.Più tardi sarebbero arrivati i grandi successi di "POWERSLAVE", "TWO MINUTES TO MIDNIGHT" che avrebbero avuto il merito di cementare l'immagine degli Iron Maiden nel cuore della gente. Il 1992 che vede l'uscita dell'album "FEAR OF THE DARK" segna un altro momento critico con l'uscita dal gruppo del grande Bruce che sceglie di continuare da solista , (Bruce sarà autore di numerosi album tra i quali spiccheranno "BALLS TO PICASSO" e " THE CHEMICAL WEDDING") .Cominciano gli anni bui per i nostri beniamini ,che devono formare la band daccapo ; il nuovo cantante viene individuato in un certo Blaze Bailey alquanto corpulento e con pochi capelli.Nel 1995 Blaze fa il suo debutto con l'album "THE X FACTOR" che segna il momento più basso della carriera della band; la voce del nuovo cantante non ricorda neanche lontanamente quella del grande Bruce e si cominciano ad avvertire i primi malumori. Il secondo album con Blaze ,"THE VIRTUAL ELEVEN",pur presentando discreti pezzi come "THE CLANSMAN" e "FUTUREAL" ,non colpisce il pubblico in modo accessivo. Ma le cose si rimetteranno a posto con il rientro del grande Bruce ,che riprenderà per mano Harris & company e li porterà verso il successivo album , "BRAVE NEW WORLD";intanto Blaze era stato cacciato a pedate.Esce proprio in questi giorni un live "ROCK IN RIO",che è già un successo,mentre Bruce annuncia ai media un nuovo straordinario album a dicembre 2002

Discografia

 

Iron Maiden (1980)

Uno dei debutti più fenomenali della storia del rock! La band miscela influenze varie (Judas Priest, Thin Lizzy, Wishbone Ash, Deep Purple, Rainbow... e anche un pizzico di irruenza punk) e va a creare l’inimitabile Maiden Sound. Una sequenza di pezzi straordinaria, che ha i suoi punti di forza nella cavalcata di ‘Phantom Of The Opera’, nell’introspezione di ‘Remember Tomorrow’, e nel puro heavy metal di ‘Running Free’ (un inno generazionale) e ‘Iron Maiden’. Un disco fondamentale per la discografia di ogni metallaro.

Killers  (1981)

Da molti considerato addirittura superiore al primo, ‘Killers’ colpisce duro l’ascoltatore con una sequela di pezzi da brivido in apertura: lo strumentale ‘The Ides Of March’,  e le potenti ‘Wrathchild’ e ‘Murders In The Rue Morgue’. Il resto del disco si mantiene su livelli eccezionali, ma è da notare come nella seconda metà emergano elementi davvero insoliti per il Maiden Sound, che non saranno più ripresi in seguito. Un altro must assoluto!

The Number Of The Beast (1982)

Harris cambia leggermente l’impostazione del songwriting, in maniera da adattare il Maiden-sound allo stile vocale di Dickinson, dotato di un’impostazione più “lirica” rispetto al suo predecessore. Nasce un nuovo grandissimo disco, che contiene capolavori ineguagliati come la title-track (con un riff che ha fatto la storia!), la trascinante ‘Run To The Hills’ e la soffertissima ‘Hallowed Be Thy Name’. Epocale!

Piece Of Mind (1983)

Altra prova eccellente della band, che accoglie fra le sue fila il simpaticissimo e mostruosamente bravo Nicko McBrain (cosa che contribuirà ad aumentare il lato ironico/divertito, da sempre un aspetto fondamentale della loro immagine, della band). Altra serie di pezzi incredibili, fra i quali si distinguono l’epica ‘Flight Of Icarus’, la tiratissima ‘The Trooper’ e la cadenzata ‘Revelations’.

Powerslave (1984)

Una maestosa epopea che vede il Maiden-sound cristallizzarsi su pezzi monumentali come l’opener ‘Aces High’, la potente ‘Two Minutes To Midnight’ (che a dire il vero riprende un riff già utilizzato da Riot e Accept), la tormentata titletrack, e soprattutto l’incredibile cavalcata finale (più di tredici minuti) di ‘Rime Of The Ancient Mariner’ (liberamente ispirata a un poema di Coleridge). Il suono della band comincia ad essere un po’ statico, ma l’eccelsa qualità dei brani fa comunque di ‘Powerslave’ un album superbo.

Live After Death (1985)

Fenomenale doppio album dal vivo che racchiude il meglio della produzione dei primi Maiden. Disponibile anche in versione video (che permette di apprezzare l’incredibile scenografia che accompagnava la band durante lo ‘World Slavery Tour’), mostra una band letteralmente al top della forma. Unica pecca: Bruce soffre decisamente sui pezzi del suo predecessore, ma compensa il tutto con una stupenda prova di cuore.

Somewhere In Time (1986)

Vengono introdotti dei cambiamenti nel suono della band, con l’impiego di chitarre sintetizzate e atmosfere più progressive (sostenute dal cantato di Bruce, qui decisamente epico). Il risultato è notevole, dato che molti considerano ‘Somewhere In Time’ il migliore disco dai tempi di ‘Number Of The Beast’. Ed effettivamente l’altissima qualità di canzoni come ‘Caught Somewhere In Time’, ‘Heaven Can Wait’ e soprattutto ‘Wasted Years’ e ‘Alexander The Great’ è un’ottimo sostegno a questa tesi.

Seventh Son Of A Seventh Son (1988)

Primo, e per ora unico, tentativo della band di affrontare un concept tematico (decisione ispirata dall’ascolto, da parte di Dickinson, del capolavoro dei Queensrÿche ‘Operation Mindcrime’), ‘Seventh Son’ accentua certi aspetti stilistici introdotti nel predecessore di cui, pur senza raggiungerne le vette, è un degnissimo successore. Su tutte spiccano le ottime ‘Moonchild’, ‘Can I Play With Madness’ e la grande titletrack.

No Prayer For The Dying (1990)

L’arrivo di Gers, dotato di uno stile molto più sporco (e per questo non molto apprezzato dai fan) rispetto all’elegante Adrian Smith, porta una mutazione nel sound del gruppo, che abbandona le atmosfere raffinate dei dischi precedenti. Il risultato è però un disco mediocre, malamente supportato da un song-writing poco ispirato e da una discutibile prova di un Dickinson in evidente calo di ossigeno.

Fear Of The Dark (1992)

Una decisa ripresa, rispetto alla delusione suscitata dal precedente disco, per un ottimo album che ha nella mirabile titletrack e nella sofferta ‘Afraid To Shoot Strangers’ i suoi punti di forza. Curiosità: per la prima volta in assoluto, l’Eddie (la mascotte zombie che da sempre accompagna gli artwork e le esibizioni live dei Maiden) di copertina non è disegnato dal suo creatore Derek Riggs.

A Real Live Dead One (1993)

Originariamente uscito come due album separati, è composto da due CD, registrati rispettivamente durante il tour di ‘Fear Of The Dark’ e quello di farewell di Bruce. Dei due, il migliore è sicuramente il primo, che presenta una discreta scelta di pezzi post ‘Live After Death’ suonati da una band ancora in forma. Decisamente discutibile invece il secondo, in cui i vecchi classici vengono rovinati da una prova stanca del gruppo e da un terrificante Bruce Dickinson, in evidente calo di motivazione e voce.

Live At Doningtone (1993)

In un evidente tentativo di sfruttare per l’ultima volta il nome di Bruce, Harris fa uscire il terzo live dei Maiden nel giro di pochissimi mesi. Se la scelta è criticabile, il risultato è comunque apprezzabile, dal momento che questo ‘Live At Donington’ (presentato come bootleg ufficiale) è di sicuro il migliore dei tre, e pone rimedio all’insipienza del ‘Live One’ e allo scempio del ‘Dead One’. Curiosità: su ‘Running Free’ si unisce al gruppo il redivivo Adrian Smith e si va quindi a comporre per la prima volta, in maniera estemporanea, quella che sarebbe divenuta la line-up attuale.

The X Factor (1995)

Primo disco con alla voce Blaze Bayley, e primo disco in studio dai tempi di Iron Maiden non prodotto dal leggendario Martin Birch (e si sente, visto che il suono fa schifo), ‘The X-Factor’ è una grandissima delusione per i fan di tutto il mondo. A differenza di quanto fatto in passato con Bruce, Harris non adatta lo stanco songwriting allo stile del nuovo singer, e il povero Blaze (che comunque è oggettivamente molto meno tecnico del suo predecessore) rimedia una figura barbina su pezzi mediocri che non sono scritti per la sua voce. Un mezzo disastro!

Virtual XI (1998)

Il disastro è totale. Un album svogliatissimo e mediocre, che non va al di là del ricalcare scolasticamente i classici del passato, con un continuo ricorrere al cliché dell’inizio lento e arpeggiato. Inoltre si registra la tendenza ad allungare a dismisura i pezzi, nel forzatissimo tentativo di ricreare le atmosfere più progressive dei primi album. Si salva ‘The Clansman’, un pezzo comunque scritto chiaramente per la voce di Dickinson (come dimostrerà il tour del ’99), sul quale Bayley non è assolutamente in grado di lasciare un segno.

Brave New World

Brave news World è uno degli album più attesi e pompati della storia dei Maiden. Loro stessi lo definiscono il miglior album che abbiano mai realizzato e Dickinson ha addirittura ammesso di amarlo più di Piece Of Mind , il suo preferito di sempre. Ora per i fans  una sola domanda rimane aperta: Brave New World sarà all'altezza di tutto questo hype? Beh, che il DNA sia quello maideniano e' chiaro già dallo splendido disegno in copertina.....E una volta schiacciato il play, un' altro po' di paura va via : gli standard maideniani si preannunciano alti ! Il livello compositivo e il sound cattivo ma con classe , sono degni di album come Somewhere In Time  e  Seventh Son ... Le prestazioni tecniche della band sono come sempre superiori, impreziosite questa volta dal ritrovato affiatamento e dall'attacco a 3 chitarre  (forse gli assoli si sprecano un po', ma deve essere difficilmente complicato gestire tre ottimi chitarristi come questi in studio); e poi c'è Bruce  che più intenso , appassionato e bravo che mai, riesce a dare anche ai brani meno convincenti la classica marcia in più riconfermandosi una delle migliori ugole che il mondo del metal abbia  conosciuto negli ultimi 20 anni ! Anche il tocco di Adrian Smith, sia a livello chitarristico  che compositivo, ha un impatto decisivo, specialmente quanto a gusto e a stile  (quelli che probabilmente avrebbero elevato allo status di capolavori album di caratura purtroppo "solo potenzialmente " grande quali Fear Of The Dark e No Prayer For The Dying), Brave New World è un mix di brani carichi e immediati  come The Wicker Man (grandioso singolo apripista), The Fallen Angel e The Mercenary , ma anche piu' epici come  The Nomad (immaginate un brillante incrocio di To  Tame A Land  e Powerslave: bel ritornello incisivo e un'arrangiamento di chitarre  di un livello mai toccati dai Maiden!!), Blood Brothers (semi-ballad in continua evoluzione , figlia di Harris e un cantato di Bruce Dickinson che riporta in tempi molto lontani, come se fosse un antico menestrello di corte) e l'infinita The Thin Line Between Love And Hate  (melodia delicata , su metal groove potentissimo). Ghost Of  The Navigator e Dream Of Mirrors hanno invece stampato  in ogni battuta il marchio dei  classici di ferro. Ma sia chiaro che Brave New World non e' un disco facilmente assimilabile, da amare alla follia al primo ascolto ! Questo e' il metal targato y2k ed esige orecchio fino e una certa apertura mentale. D'altronde uno dei pregi dei Maiden e' sempre stata la loro natura di pionieri....Palma d'oro anche alla produzione ad opera di mastro Kevin Shirley che ha superato la grande prova facendo rivivere , con personalità e un pizzico di modernità, il tocco storico del grande Birch: ampio respiro ai nuovi elaborati arrangiamenti ma con il giusto risalto al gancio pesante del Maiden Sound  anni '80 (chitarre aggressive, rullante secco , piatti brillanti e bassi in attacco). Dunque preparatevi a digrignare i denti , in perfetto stile Eddie, perchè Brave New World segna il grande ritorno degli Iron Maiden, come li abbiamo sempre amati !! Questo è il disco che aspettavamo da tanto, troppo tempo. Finalmente!!!!

 

 

Discografia presa dal sito Fear of the Dark-------introduzione di Carmine alvino