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sabato 23 novembre 2024 |
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THE IRON MAIDENThe legend will never die
THE IRON MAIDEN
The legend will never die
THE IRON MAIDEN
Un gruppo ormai divenuto leggenda
Quando si parla di heavy metal , il pensiero non può non cadere sugli Iron
Maiden che ne rappresentano la storia a tutti gli effetti. Già dal loro primo
disco se ne comprendeva la grandezza ,e soprattutto la vena assolutamente
innovativa che ne caratterizzava le sonorità.Pezzi come "PROWLER" ma
soprattutto "PHANTOM OF THE OPERA" hanno avuto il merito di rompere
con il vecchio metal rappresentato da LED ZEPPELIN e BLACK SABBATH e rilanciare
il genere messo in crisi dal Punk allora emergente. Gli album seguenti hanno
significato la definitiva consacrazione di un gruppo dotato non solo di un
grande carisma , ma anche di una buona dose di ironia ,che sicuramente ha
alimentato il notevole successo tra i fans. Ma la storia degli Iron Maiden è
anche caratterizzata da episodi amari come l'allontanamento del loro primo
cantante , Paul di Anno perchè considerato da Harris poco professionale (cosa
che poteva mettere in seria crisi il cammino del gruppo). Fortunatamente il
cantante successivo ,tale ,Bruce Dickinson, con la sua straordinaria voce ,
porterà gli Irons alla consacrazione definitiva.Pezzi come "THE NUMBER OF
THE BEAST" ,"RUN TO THE HILLS" rimarranno nella storia della
musica come del resto la magnifica "THE TROOPER" che diventerà un
vero e proprio inno generazionale soprattutto tra i giovani inglesi.Più tardi
sarebbero arrivati i grandi successi di "POWERSLAVE", "TWO
MINUTES TO MIDNIGHT" che avrebbero avuto il merito di cementare l'immagine
degli Iron Maiden nel cuore della gente. Il 1992 che vede l'uscita dell'album
"FEAR OF THE DARK" segna un altro momento critico con l'uscita dal
gruppo del grande Bruce che sceglie di continuare da solista , (Bruce sarà
autore di numerosi album tra i quali spiccheranno "BALLS TO PICASSO" e
" THE CHEMICAL WEDDING") .Cominciano gli anni bui per i nostri
beniamini ,che devono formare la band daccapo ; il nuovo cantante viene
individuato in un certo Blaze Bailey alquanto corpulento e con pochi capelli.Nel
1995 Blaze fa il suo debutto con l'album "THE X FACTOR" che segna il
momento più basso della carriera della band; la voce del nuovo cantante non
ricorda neanche lontanamente quella del grande Bruce e si cominciano ad
avvertire i primi malumori. Il secondo album con Blaze ,"THE VIRTUAL ELEVEN",pur
presentando discreti pezzi come "THE CLANSMAN" e "FUTUREAL"
,non colpisce il pubblico in modo accessivo. Ma le cose si rimetteranno a posto
con il rientro del grande Bruce ,che riprenderà per mano Harris & company e
li porterà verso il successivo album , "BRAVE NEW WORLD";intanto
Blaze era stato cacciato a pedate.Esce proprio in questi giorni un live
"ROCK IN RIO",che è già un successo,mentre Bruce annuncia ai media
un nuovo straordinario album a dicembre 2002
Discografia
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Iron Maiden (1980)
Uno dei
debutti più fenomenali della storia del rock! La band miscela influenze
varie (Judas Priest, Thin Lizzy, Wishbone Ash, Deep Purple, Rainbow... e
anche un pizzico di irruenza punk) e va a creare l’inimitabile Maiden
Sound. Una sequenza di pezzi straordinaria, che ha i suoi punti di forza
nella cavalcata di ‘Phantom Of The Opera’, nell’introspezione di
‘Remember Tomorrow’, e nel puro heavy metal di ‘Running Free’
(un inno generazionale) e ‘Iron Maiden’. Un disco fondamentale per
la discografia di ogni metallaro.
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Killers (1981)
Da
molti considerato addirittura superiore al primo, ‘Killers’ colpisce
duro l’ascoltatore con una sequela di pezzi da brivido in apertura: lo
strumentale ‘The Ides Of March’,
e le potenti ‘Wrathchild’ e ‘Murders In The Rue Morgue’.
Il resto del disco si mantiene su livelli eccezionali, ma è da notare
come nella seconda metà emergano elementi davvero insoliti per il
Maiden Sound, che non saranno più ripresi in seguito. Un altro must
assoluto!
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The Number Of The Beast (1982)
Harris
cambia leggermente l’impostazione del songwriting, in maniera da
adattare il Maiden-sound allo stile vocale di Dickinson, dotato di
un’impostazione più “lirica” rispetto al suo predecessore. Nasce
un nuovo grandissimo disco, che contiene capolavori ineguagliati come la
title-track (con un riff che ha fatto la storia!), la trascinante ‘Run
To The Hills’ e la soffertissima ‘Hallowed Be Thy Name’.
Epocale!
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Piece Of Mind (1983)
Altra
prova eccellente della band, che accoglie fra le sue fila il
simpaticissimo e mostruosamente bravo Nicko McBrain (cosa che contribuirà
ad aumentare il lato ironico/divertito, da sempre un aspetto
fondamentale della loro immagine, della band). Altra serie di pezzi
incredibili, fra i quali si distinguono l’epica ‘Flight Of Icarus’,
la tiratissima ‘The Trooper’ e la cadenzata ‘Revelations’.
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Powerslave (1984)
Una
maestosa epopea che vede il Maiden-sound cristallizzarsi su pezzi
monumentali come l’opener ‘Aces High’, la potente ‘Two Minutes
To Midnight’ (che a dire il vero riprende un riff già utilizzato da
Riot e Accept), la tormentata titletrack, e soprattutto l’incredibile
cavalcata finale (più di tredici minuti) di ‘Rime Of The Ancient
Mariner’ (liberamente ispirata a un poema di Coleridge). Il suono
della band comincia ad essere un po’ statico, ma l’eccelsa qualità
dei brani fa comunque di ‘Powerslave’ un album superbo.
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Live After Death (1985)
Fenomenale
doppio album dal vivo che racchiude il meglio della produzione dei primi
Maiden. Disponibile anche in versione video (che permette di apprezzare
l’incredibile scenografia che accompagnava la band durante lo ‘World
Slavery Tour’), mostra una band letteralmente al top della forma.
Unica pecca: Bruce soffre decisamente sui pezzi del suo predecessore, ma
compensa il tutto con una stupenda prova di cuore.
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Somewhere In Time (1986)
Vengono
introdotti dei cambiamenti nel suono della band, con l’impiego di
chitarre sintetizzate e atmosfere più progressive (sostenute dal
cantato di Bruce, qui decisamente epico). Il risultato è notevole, dato
che molti considerano ‘Somewhere In Time’ il migliore disco dai
tempi di ‘Number Of The Beast’. Ed effettivamente l’altissima
qualità di canzoni come ‘Caught Somewhere In Time’, ‘Heaven Can
Wait’ e soprattutto ‘Wasted Years’ e ‘Alexander The Great’ è
un’ottimo sostegno a questa tesi.
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Seventh Son Of A Seventh Son
(1988)
Primo,
e per ora unico, tentativo della band di affrontare un concept tematico
(decisione ispirata dall’ascolto, da parte di Dickinson, del
capolavoro dei Queensrÿche ‘Operation Mindcrime’), ‘Seventh
Son’ accentua certi aspetti stilistici introdotti nel predecessore di
cui, pur senza raggiungerne le vette, è un degnissimo successore. Su
tutte spiccano le ottime ‘Moonchild’, ‘Can I Play With Madness’
e la grande titletrack.
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No Prayer For The Dying (1990)
L’arrivo
di Gers, dotato di uno stile molto più sporco (e per questo non molto
apprezzato dai fan) rispetto all’elegante Adrian Smith, porta una
mutazione nel sound del gruppo, che abbandona le atmosfere raffinate dei
dischi precedenti. Il risultato è però un disco mediocre, malamente
supportato da un song-writing poco ispirato e da una discutibile prova
di un Dickinson in evidente calo di ossigeno.
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Fear Of The
Dark (1992)
Una
decisa ripresa, rispetto alla delusione suscitata dal precedente disco,
per un ottimo album che ha nella mirabile titletrack e nella sofferta
‘Afraid To Shoot Strangers’ i suoi punti di forza. Curiosità: per
la prima volta in assoluto, l’Eddie (la mascotte zombie che da sempre
accompagna gli artwork e le esibizioni live dei Maiden) di copertina non
è disegnato dal suo creatore Derek Riggs.
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A Real Live Dead One (1993)
Originariamente
uscito come due album separati, è composto da due CD, registrati
rispettivamente durante il tour di ‘Fear Of The Dark’ e quello di
farewell di Bruce. Dei due, il migliore è sicuramente il primo, che
presenta una discreta scelta di pezzi post ‘Live After Death’
suonati da una band ancora in forma. Decisamente discutibile invece il
secondo, in cui i vecchi classici vengono rovinati da una prova stanca
del gruppo e da un terrificante Bruce Dickinson, in evidente calo di
motivazione e voce.
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Live At Doningtone (1993)
In un
evidente tentativo di sfruttare per l’ultima volta il nome di Bruce,
Harris fa uscire il terzo live dei Maiden nel giro di pochissimi mesi.
Se la scelta è criticabile, il risultato è comunque apprezzabile, dal
momento che questo ‘Live At Donington’ (presentato come bootleg
ufficiale) è di sicuro il migliore dei tre, e pone rimedio
all’insipienza del ‘Live One’ e allo scempio del ‘Dead One’.
Curiosità: su ‘Running Free’ si unisce al gruppo il redivivo Adrian
Smith e si va quindi a comporre per la prima volta, in maniera
estemporanea, quella che sarebbe divenuta la line-up attuale.
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The X Factor (1995)
Primo
disco con alla voce Blaze Bayley, e primo disco in studio dai tempi di
Iron Maiden non prodotto dal leggendario Martin Birch (e si sente, visto
che il suono fa schifo), ‘The X-Factor’ è una grandissima delusione
per i fan di tutto il mondo. A differenza di quanto fatto in passato con
Bruce, Harris non adatta lo stanco songwriting allo stile del nuovo
singer, e il povero Blaze (che comunque è oggettivamente molto meno
tecnico del suo predecessore) rimedia una figura barbina su pezzi
mediocri che non sono scritti per la sua voce. Un mezzo disastro!
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Virtual XI (1998)
Il
disastro è totale. Un album svogliatissimo e mediocre, che non va al di
là del ricalcare scolasticamente i classici del passato, con un
continuo ricorrere al cliché dell’inizio lento e arpeggiato. Inoltre
si registra la tendenza ad allungare a dismisura i pezzi, nel
forzatissimo tentativo di ricreare le atmosfere più progressive dei
primi album. Si salva ‘The Clansman’, un pezzo comunque scritto
chiaramente per la voce di Dickinson (come dimostrerà il tour del
’99), sul quale Bayley non è assolutamente in grado di lasciare un
segno.
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Brave New World
Brave
news World è uno degli album più attesi e pompati della storia dei
Maiden. Loro stessi lo definiscono il miglior album che abbiano mai
realizzato e Dickinson ha addirittura ammesso di amarlo più di Piece Of
Mind , il suo preferito di sempre. Ora per i fans una sola domanda
rimane aperta: Brave New World sarà all'altezza di tutto questo hype?
Beh, che il DNA sia quello maideniano e' chiaro già dallo splendido
disegno in copertina.....E una volta schiacciato il play, un' altro po' di
paura va via : gli standard maideniani si preannunciano alti ! Il livello
compositivo e il sound cattivo ma con classe , sono degni di album come
Somewhere In Time e Seventh Son ... Le prestazioni tecniche
della band sono come sempre superiori, impreziosite questa volta dal
ritrovato affiatamento e dall'attacco a 3 chitarre (forse gli assoli
si sprecano un po', ma deve essere difficilmente complicato gestire tre
ottimi chitarristi come questi in studio); e poi c'è Bruce che più
intenso , appassionato e bravo che mai, riesce a dare anche ai brani meno
convincenti la classica marcia in più riconfermandosi una delle migliori
ugole che il mondo del metal abbia conosciuto negli ultimi 20 anni !
Anche il tocco di Adrian Smith, sia a livello chitarristico che
compositivo, ha un impatto decisivo, specialmente quanto a gusto e a stile
(quelli che probabilmente avrebbero elevato allo status di capolavori
album di caratura purtroppo "solo potenzialmente " grande quali
Fear Of The Dark e No Prayer For The Dying), Brave New World è un mix di
brani carichi e immediati come The Wicker Man (grandioso singolo
apripista), The Fallen Angel e The Mercenary , ma anche piu' epici come
The Nomad (immaginate un brillante incrocio di To Tame A Land
e Powerslave: bel ritornello incisivo e un'arrangiamento di chitarre
di un livello mai toccati dai Maiden!!), Blood Brothers (semi-ballad in
continua evoluzione , figlia di Harris e un cantato di Bruce Dickinson che
riporta in tempi molto lontani, come se fosse un antico menestrello di
corte) e l'infinita The Thin Line Between Love And Hate (melodia
delicata , su metal groove potentissimo). Ghost Of The Navigator e
Dream Of Mirrors hanno invece stampato in ogni battuta il marchio
dei classici di ferro. Ma sia chiaro che Brave New World non e' un
disco facilmente assimilabile, da amare alla follia al primo ascolto !
Questo e' il metal targato y2k ed esige orecchio fino e una certa apertura
mentale. D'altronde uno dei pregi dei Maiden e' sempre stata la loro
natura di pionieri....Palma d'oro anche alla produzione ad opera di mastro
Kevin Shirley che ha superato la grande prova facendo rivivere , con
personalità e un pizzico di modernità, il tocco storico del grande Birch:
ampio respiro ai nuovi elaborati arrangiamenti ma con il giusto risalto al
gancio pesante del Maiden Sound anni '80 (chitarre aggressive,
rullante secco , piatti brillanti e bassi in attacco). Dunque preparatevi
a digrignare i denti , in perfetto stile Eddie, perchè Brave New World
segna il grande ritorno degli Iron Maiden, come li abbiamo sempre amati !!
Questo è il disco che aspettavamo da tanto, troppo tempo. Finalmente!!!!
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Discografia presa dal sito Fear of the Dark-------introduzione di Carmine
alvino
prefazione di carmine alvino.
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