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MOTORE A IDROGENO


Una valida alternativa.

Ricordate Beppe Grillo in uno spettacolo di alcuni anni fa? Il comico genovese inalava dal tubo di scappamento di un furgoncino, come fosse un aerosol, il vapore acqueo del motore: un motore a idrogeno, naturalmente, ideato da un ingegnere svizzero. Il processo di elettrolisi dell'acqua tramite il quale, scindendo le molecole, si ricava l'idrogeno era alimentato dall'energia prodotta dai pannelli solari sul tetto di casa. Questo non deve però indurci a credere che la cosa sia così semplice. L'efficienza del ciclo di produzione dell'idrogeno è infatti ancora molto bassa. Si tratta di ripensare in un'ottica non inquinante l'intero problema energetico, abbassando drasticamente i consumi e sviluppando la ricerca sulle fonti rinnovabili.

Ci crede fermamente Domenico Coiante, degli Amici della Terra, che ha passato quarant'anni all'Enea di cui, per un lungo periodo, è stato anche responsabile del settore fonti rinnovabili. «L'idrogeno» osserva «è l'elemento in assoluto più abbondante nell'universo. Si tratta di un gas incolore e inodore, e non velenoso, che brucia nell'aria secondo la semplice reazione: idrogeno+ossigeno = acqua+calore». Questo significa che il prodotto di scarto è acqua pura e non (come quando si utilizzano combustibili derivanti da fonti fossili) anidride carbonica, la principale responsabile delle modifiche all'effetto serra naturale e dei conseguenti cambiamenti climatici. Il 50 per cento delle emissioni totali di CO2 in atmosfera è prodotto dai trasporti. L'alternativa è tecnicamente fattibile, resta però da risolvere il problema di come procurarsi l'idrogeno. Perché se la fonte sono sempre i combustibili fossili il problema si ripresenta a monte. La strada da seguire è dunque quella già ricordata dell'elettrolisi. Ogni chilogrammo di acqua pura contiene 111 grammi di idrogeno che, bruciando, produce 3.200 chilocalorie di energia termica (l'equivalente di quella contenuta in un chilo di carbone, con una non trascurabile differenza di reperibilità). Gli impianti di conversione fotovoltaica daranno (con la luce del sole) l'energia elettrica pulita per alimentare il processo. La strada che si sta seguendo è però quella di alimentare con l'idrogeno normali motori a scoppio. Alcune case automobilistiche, come Bmw e Mercedes, stanno studiando soluzioni alternative. A Monaco di Baviera, per esempio, 15 Bmw serie 7 a idrogeno liquido sono già utilizzate per il servizio navetta dall'aeroporto alla sede della società. Impiegano circa dieci minuti a fare il pieno e hanno un'autonomia di circa 400 chilometri. La casa tedesca prevede di metterle in vendita entro 5 anni.

La soluzione veramente pulita, a inquinamento zero, è quindi il motore elettrico. In questo caso l'idrogeno alimenta un dispositivo chiamato fuel cell (cella a combustibile): un trasformatore che permette di convertire direttamente l'energia chimica dell'idrogeno in energia elettrica. Il motore elettrico è anche più efficiente del motore termico: 98 per cento contro 30-35 per cento (nelle normali automobili solo un terzo dell'energia immessa si trasforma in forza motrice e il resto viene buttato via in forma di calore inutilizzabile). La tecnologia fotovoltaica è la sola che, in una prospettiva non immediata, offre le dimensioni e la potenzialità per produrre (alimentando l'elettrolisi) l'idrogeno necessario al fabbisogno. In Italia abbiamo ampie zone non coltivate ma ben assolate (almeno due milioni di ettari, al Sud e nelle isole). Se si estende il discorso al piano mondiale, nota Coiante, "per produrre tutta l'energia (non solo elettrica) consumata dall'Unione europea basterebbe coprire di pannelli solari il 3 per cento del deserto del Sahara".

Servono, dice l'esperto, "scelte coraggiose e una strategia chiara: abbassare i consumi e investire nelle fonti rinnovabili. Oggi in Italia il kilowattora fotovoltaico costa quasi 600 lire, contro le circa 200 lire di produzione dell'Enel; ma se pensiamo alla spesa sanitaria indotta dall'inquinamento ambientale (almeno 15mila miliardi di lire l'anno) i conti si equilibrano: salvare l'ambiente in cui viviamo e migliaia di vite umane è certamente un obiettivo primario". In Italia, al momento, le cose si muovono troppo lentamente. La Fiat ha presentato da poco la Seicento Elettra Fuel Cells, un prototipo frutto di una ricerca finanziata dal ministero dell'Ambiente con un'autonomia di 140 chilometri e un tempo di ricarica di dieci minuti. Su questo fronte siamo parecchio indietro rispetto a tedeschi, canadesi e statunitensi (a Chicago stanno sostituendo gradualmente i vecchi autobus per trasporto urbano con nuovi pullman a idrogeno). Un caso a parte sono la Toyota Prius, messa sul mercato dai giapponesi più di tre anni fa (ha un motore alimentato a benzina o gasolio e uno elettrico caricato dal primo) e l'auto ad aria che la Eolo sta per lanciare: raggiunge i 110 all'ora e ha un'autonomia di 10 ore di funzionamento



Effetto serra: doveva diminuire, invece cresce Nel 1997 i paesi industrializzati riuniti a Kyoto, in Giappone, si sono impegnati a ridurre le emissioni dei gas responsabili dell'effetto serra: innanzitutto l'anidride carbonica (prodotta dalle auto e dalle industrie di trasformazione e produzione energetica), ma anche il metano, il perfluorocarburo, il protossido di azoto, l'esafluoruro di zolfo e l'idrofluorocarburo. L'Europa si è impegnata a ridurle dell'8 per cento entro il 2008-2012, gli Stati Uniti del 7 per cento, il Giappone del 6 per cento. Ma il protocollo di Kyoto, firmato da una quarantina di Paesi, non è stato ancora ratificato da quelli più importanti e dopo il fallimento, nel novembre 2000, della conferenza mondiale dell'Aja sui mutamenti climatici si tenta ora di recuperare il tempo perduto. A Trieste, i primi di marzo di quest'anno, i ministri dell'Ambiente del G8 hanno genericamente ribadito l'intenzione di riprendere il negoziato sulla ratifica di Kyoto. Ma pochi giorni dopo il presidente statunitense George W. Bush, spinto dalla lobby dei petrolieri ma anche dalle aziende carbonifere (la metà dell'elettricità negli Usa è prodotta dalle centrali a carbone), ha annunciato che non intende imporre limiti all'anidride carbonica delle centrali. Smentendo le promesse da lui stesso fatte in campagna elettorale, ha poi annunciato che gli Usa non ratificheranno il Protocollo, attirandosi così le critiche durissime dei Paesi europei e degli ambientalisti di tutto il mondo.

Per Massimo Serafini, esponente di Legambiente, «non solo non si sono raggiunti risultati significativi, ma vi è stato addirittura un peggioramento: in Italia le emissioni dei gas serra, anziché diminuire dell'8 per cento, sono aumentate del 6 per cento negli ultimi dieci anni e questa tendenza negativa riguarda tutta l'Europa».



Ma gli obiettivi indicati dal protocollo di Kyoto quanto possono contribuire alla soluzione del problema?

In realtà la comunità scientifica li giudica irrilevanti: per riuscire ad avere risultati soddisfacenti bisognerebbe diminuire le emissioni almeno del 70 per cento, non del 7 o dell'8 per cento. Il problema è che non si riesce a raggiungere nemmeno quell'obiettivo minimo.



Come valuta Legambiente il vertice di Trieste e le polemiche seguite all'atteggiamento degli Stati Uniti?

Siamo insoddisfatti perché non si sono fatti passi significativi per la riapertura del tavolo abbandonato all'Aja. L'accelerazione nell'aumento della temperatura del pianeta provocata dagli effetti della società industriale è evidente, ma gli Usa arrivano addirittura a metterla in dubbio e pretendono che non ci siano quote fisse, che nessuno si permetta di mettere becco nella loro politica energetica.

Dal primo gennaio 2002 la benzina Super sparirà, ma la Esso ha lanciato un additivo, l'Addiplus, che permette anche alle auto non catalizzate di utilizzare benzina verde. Cosa ne pensate?

Gli additivi non risolvono il problema ambientale, servono solo a prolungare la vita di vecchie automobili molto inquinanti. Abbiamo anche dubbi sulla qualità: pretenderemo per i cittadini un'informazione molto chiara sulla loro composizione.



L'idrogeno può essere una soluzione?

L'idrogeno non è una fonte energetica, ma un semplice combustibile per il consumo finale. Deve, perciò, essere fatta ricerca per migliorarne il ciclo di produzione, gestione e accumulo e per non spostare l'inquinamento dalle strade ai siti di produzione.



E la Fiat 600 Elettra?

Per la Fiat questo è il dopodomani. Il suo contributo immediato alla soluzione dei problemi ambientali è la ricerca sulla macchina a metano. Per noi va bene, ma non deve essere l'alibi per non fare ricerca sull'idrogeno o comunque indirizzarsi su altre prospettive, come per esempio le automobili con pannello fotovoltaico sul tetto.

articolo di Adriano Gizzi, tratto dal "Salvagente" del 29/3/2001